rucker park negozio basket milano

Negozio di basket a Milano

Rucker Park Milano

Dopo la chiusura del leggendario “All Basket” di via Anzani,
a Milano per troppo tempo è mancato un vero negozio specializzato.
Nel 2012 perciò apre “Rucker Park basketball store” con l’ambizione e la mission
di non essere semplicemente un negozio fornito, ma di essere anche un vero e proprio punto di riferimento,
dove andare non solo per comprare scarpe, canotte e accessori,
ma anche semplicemente per parlare di basket, perché al Rucker Park si respira “aria di basket”.

Il nostro motto è proprio questo, abbiamo trasformato la nostra passione nel nostro lavoro
e chiunque viene da noi deve avere la sensazione di entrare in un posto che cercava da tanto.

Rucker Park è il vero Concept Store, dove si può trovare veramente di tutto legato al mondo della palla a spicchi.
Siamo rivenditori autorizzati dei migliori marchi del settore come
Adidas, Nike, Jordan, Under Armour, AND1, Spalding, Molten, Mc David, New Era e Mitchell & Ness.

Ma Rucker Park non è solo questo, perché appunto da noi troverai sempre qualcosa che da nessuna altra parte potrai trovare.

Vieni a trovarci e abbiamo la presunzione di dire che non te ne pentirai.

Lo staff di Rucker Park
Davide Rebuscini Rucker Park Milano

Davide

Professione tuttologo: di ogni scarpa, maglia, felpa, squadra sa dirvi ogni cosa.
Se hai bisogno di un giocatore per il 3vs3 chiamalo, ma solo se manca alla squadra avversaria.
Guido Bonfanti Rucker Park Milano

Guido

Chiedigli tutto, ma prima controlla che abbia gli occhiali.
Espertone dei 3vs3, se ti serve un giocatore saprà trovarti quello più forte, ma solo per il giusto prezzo: almeno una cena 🙂

La storia del Rucker Park

Siamo a New York, più precisamente ad Harlem, siamo nel 1946 e Holcombe Rucker ha una grande idea.
Holcombe è un ragazzo, ha poco più di 22 anni e sta per tornare a casa dopo una lunga e logorante guerra
e non vede l’ora di tornare dalla sua famiglia che non ha notizie di lui da parecchi mesi.

Holcombe Rucker

La sua America non è cambiata da quando l’aveva lasciata, e in particolare Harlem sembra lo specchio che riflette una crisi socio-politica in cui riversa tutto il Paese.

Questo periodo socialmente grigio Holcombe lo aveva già vissuto nella sua infanzia.

Holcombe ha già in mente tutto, vuole lasciare un segno tangibile e indelebile per la gente del suo territorio.

Che cosa unisce tutti i ragazzi di Harlem?
Cosa può tenere questi ragazzi lontani dalla strada, lontani dalle frenesie dell’età e lontani dalla droga?

Holcombe sa perfettamente quale è la risposta a queste domande e ruota tutto attorno a quel campetto di periferia che agli occhi di quei ragazzi sembra lo Staple Center.

Nell’estate del 1947 perciò Holcombe organizza il primo torneo, inizialmente ideato per ragazzini dagli 8 ai 12 anni come passatempo una volta finita la scuola, ma che ben presto ebbe un consenso e una popolarità incredibile arrivando anche ad includere ragazzi delle high school e dei college.

La fama di questo evento travolge ogni più rosea aspettativa dello stesso Holcombe che vede i più famosi streetballer di New York City partecipare a questo torneo che ormai è diventato quasi più importante dei campionati scolastici.

Siamo già arrivati nel 1971, all’ingresso del playground che ormai è diventato leggenda in tutto il mondo c’è una targa “Holcombe Rucker” e poi “basketball court of Harlem”.

Siamo ad Agosto, ma nonostante il caldo al Rucker Park c’è tantissima gente ad assistere a quella che è ricordata come la migliore partita di sempre nella storia del basket.

Si affrontano i Milbank di “Pee Wee” Kirkland e “The Destroyer” Hammond e i Westsiders di Julius Erving.

Holcombe non può assistere a quella partita che lo avrebbe risarcito di una vita interamente dedicata alla pallacanestro.

Holcombe si spegne a 38 anni vittima di un tumore dopo aver perso la sua battaglia più grande: salvare “The Goat”. Si dice che a New York vi sia un amore viscerale per le point guard.

E ancora di più.
Un’intima connessione tra il modo di vivere le strade della città e la fantasia che ogni playmaker dovrebbe avere.

Il Shammgod move, inventato da un giovanissimo God Shammgod Wells (newyorkese ex Washington Wizards e poi giramondo tra i campionati di Cina, Polonia e Arabia Saudita) proprio sul campo di Rucker Park, (poi preso in prestito per un’intera carriera da Manu Ginobili) ne è il più grande esempio.

Palla avanti in palleggio con la destra per poi cambiare direzione con la sinistra, per il più classico degli ankle breaking.

Julius Erving a Rucker Park
Rucker Park a New York

Ma ad Harlem, non tutti hanno avuto la fortuna di Shammgod.

Il più grande giocatore mai passato su questa lingua d’asfalto è, a detta della maggior parte dei “resident”, Earl Manigault.

Ha solo 13 anni quando inizia a mettere in mostra le sue doti tecniche ed atletiche.
Portare in volo i suoi 182 centimetri per raccogliere le monete sulla parte alta del tabellone era solo un giochino utile a racimolare qualche dollaro, le schiacciate in testa a Lew Alcindor (poi Kareem Abdul Jabbar) gli valsero la gloria, quella vera, ma non la grazia dopo esser stato trovato a fumare marijuana alla Franklin High School.

Cacciato per le strade di Harlem Earl diventa presto il pupillo del Signor Rucker.
Grazie alle sue conoscenze Holcombe riesce a trovargli un posto al Laurimburg Institute, un collegio nel North Carolina dove, a contrario di New York, la sua fantasia sul campo non è cosa ben vista.

L’ordine e la disciplina non sono fatti per Earl che, nell’inverno del 1966 torna in una Harlem rimasta orfana di Holcombe Rucker.

Solo, senza punti di riferimento Manigault si lascia prendere dalla vita di strada. Alcool e droghe spegneranno, lentamente, il suo cuore ma, tra la 155esima strada e Ottava Avenue, non c’è giorno in cui non si parli di lui.

Ai nostri tempi il Rucker Park è il playground in cui tantissimi giocatori fenomenali come Kobe Bryant, Kevin Durant, Kyrie Irving, Zach Lavine, DeMar Derozan, Brandon Jennings e tanti tanti altri giocano e si esibiscono attirando tantissimi appassionati e tifosi.

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